E risalendo, mi sono sbucciata un ginocchio

(by Laura D’Incà, 25 August 2014, 2-minute read)
Sono scesa in spiaggia e mi sono messa all’ombra. Ho portato qualche frutto (una pesca, due pere), una bottiglia d’acqua, un libro e “La settimana enigmistica”, unica pubblicazione in lingua italiana reperibile a Galèria. Questo è il porto turistico. Da qui si vedono piccole imbarcazioni galleggiare pigramente. Guardando verso nord, la curva del Golfo, i monti appuntiti, le dolci colline verdi in primo piano, in lontananza una diversa spiaggia, di ghiaia rossastra, deserta. I pochi bagnanti sono discreti, silenziosi. Signore con cappellini color pastello e costume intero coordinato. Capelli biondi, maglie a righe,scollature a barchetta. Al largo, bambini ridono con buffe ciambelle salvagente e un delfino gonfiabile di plastica blu trasparente. Ombrelloni rari qua e là,color arcobaleno. Altri cappellini, di paglia. Lo sciacquio delle onde sulla riva.

Ho fatto il bagno, mangiato un croque monsieur au chevre, buonissimo.

Ieri ho dato un passaggio a un autostoppista sulla strada che viene da Manso, tornando da Le Fango. E’ un pizzaiolo di Marsiglia. Mi ha offerto un pastis al bar del paese e nel tempo che ci ho messo per berlo, lui se ne è fatti cinque. Poi mi ha mostrato il passaggio scosceso e petroso che porta alla cala bianca. In quel punto ci sono delle funi fisse agganciate alla roccia, perché scendere o risalire sarebbe altrimenti impossibile. La cala è spettacolare, l’acqua freddissima, la ghiaia grossa e rotonda. E risalendo, mi sono sbucciata un ginocchio.

L’uomo del gelato

L’uomo del gelato
di Laura D’Incå

Notti di liquirizia
e prati di pistacchio.
Sono i miei gusti preferiti sa?
Vede come sono brava
in due minuti l’ho già divorata
la mia bella coppetta gialla.
Come dice?
Me la cavo meglio
a sgranocchiare nocciole
che a giocar con le parole.
Ah! com’è vero caro signore.
Del resto, con un gelato così!
Che si sente che l’ha fatto proprio
con amore con passione con…
ingredienti freschi?
Mi dica, dove li va a comprare?
Segreto professionale?
Ma via, a me lo può pure confidare, no?
Eh be’… capisco sì.
Me ne dia solo la punta d’un cucchiaio
allora ecco,
proviamo il cioccolato amaro?
Solo un altro gusto
e la lascio al suo laboratorio
Però è un peccato che si chiuda nel retro
con una giornata tanto bella
e tutti questi bimbi
che inseguono farfalle nel parco!
Vado a raccogliere qualche violetta
Può inventarsi un gusto nuovo
la prossima volta che passo
lo assaggerei volentieri
un sorbetto al profumo di mimosa
e rosa canina.

Cose così.

C’è abbraccio e abbraccio (l’addio)

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C’è abbraccio e abbraccio. Ci sono gli abbracci pro-forma, quelli in cui si sta un po’ distaccati, un passo indietro rispetto alla distanza che permetterebbe di abbracciarsi davvero; ci sono gli abbracci rapidi amichevoli con pacca sulla spalla (ci si abbraccia davvero, per un tempo brevissimo, di solito sorridendo);  gli abbracci d’allegria, come quelli che ci si scambia durante un incontro sportivo. Ci sono abbracci di così tanti tipi, che se vi raccontassi semplicemente “ci siamo abbracciati”, come potreste capire?

Lui era dritto, perfettamente diritto, come sempre
(perché il suo corpo è stabile, la sua schiena inflessibile).

Lui stava diritto, dunque, ed era ora di andare.
Lei stava lì, leggermente sbilanciata a sinistra.
Il braccio destro di lei intorno alla vita di lui.
Il braccio sinistro di lui attorno alle spalle di lei.
Le mani erano aperte, aderenti alla schiena che ciascuno toccava.

Con delicatezza e decisione, a lungo, si strinsero.
Da dove si trovava, non poteva vedere il suo viso.
Sorridendo, chiuse gli occhi e disse: “Ci sono anche cose belle.
Questa per esempio” e disse: “Forse non era il momento giusto”

E questo fu l’addio numero due, che teniamo buono. Perché abbiamo tutti bisogno di un addio decente, anche se non capitano, quasi mai.

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