C’è abbraccio e abbraccio (l’addio)

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C’è abbraccio e abbraccio. Ci sono gli abbracci pro-forma, quelli in cui si sta un po’ distaccati, un passo indietro rispetto alla distanza che permetterebbe di abbracciarsi davvero; ci sono gli abbracci rapidi amichevoli con pacca sulla spalla (ci si abbraccia davvero, per un tempo brevissimo, di solito sorridendo);  gli abbracci d’allegria, come quelli che ci si scambia durante un incontro sportivo. Ci sono abbracci di così tanti tipi, che se vi raccontassi semplicemente “ci siamo abbracciati”, come potreste capire?

Lui era dritto, perfettamente diritto, come sempre
(perché il suo corpo è stabile, la sua schiena inflessibile).

Lui stava diritto, dunque, ed era ora di andare.
Lei stava lì, leggermente sbilanciata a sinistra.
Il braccio destro di lei intorno alla vita di lui.
Il braccio sinistro di lui attorno alle spalle di lei.
Le mani erano aperte, aderenti alla schiena che ciascuno toccava.

Con delicatezza e decisione, a lungo, si strinsero.
Da dove si trovava, non poteva vedere il suo viso.
Sorridendo, chiuse gli occhi e disse: “Ci sono anche cose belle.
Questa per esempio” e disse: “Forse non era il momento giusto”

E questo fu l’addio numero due, che teniamo buono. Perché abbiamo tutti bisogno di un addio decente, anche se non capitano, quasi mai.

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