Conversazioni sul pianerottolo

(di Laura D’Incà)

Ripubblico una vecchia poesia che un amico mi ha chiesto di poter rileggere. Datata tra il 1995 e il 2007, non ricordo esattamente, ma ricordo dov’era il pianerottolo.

Così si sposa.
Lei aspetta un figlio. Ma si sarebbero sposati comunque.
Ah bello.
Sì molto.
Sono proprio una bella coppia.
Eh beati loro.
Eh già.
E lei?
Io? Figuriamoci!
Come? Niente fidanzato?
Una bella donna come lei.
Così simpatica.
Piena di interessi.
Di attività.
Di creatività.
Di bla bla bla.
Cosa vuole… meglio sola che male accompagnata.
Eh ma son sicuro che qualche corteggiatore…
Sì sì per carità. Non mi posso lamentare.
E allora, vede? É lei che non vuole!
Be’ non è che il primo che passi vada bene.
Ah ma è una romantica, si vuole anche innamorare!
Eh sì.
Eh già.
Si capisce, sa.
Sì, certo.
Buonasera allora.
Buonasera a lei.
Arrivederci.
Di nuovo.
Ma non le manca qualche cosa?
Eh qualche volta.
Qualche volta, quando l’aria è frizzante e la luna risplende.
Quando l’acqua bolle e mi sbaglio e butto gli spaghetti per due.
Quando mi muovo nel sonno e nessuno con la mano mi cerca.
Quando le coppie si baciano in Piazza della Scala
in Corso Garibaldi
e in tutte le vie della città.
Qualche volta, ecco,
davanti ai negozi di cravatte.
Ma che vuole, che ci posso fare
mi scuoto un istante,
penso che va bene così
sorrido ai passanti e vado via.
Capisco, eh sì.
Arrivederci.
Arrivederci.
tanti auguri eh!
Ah sì, anche a lei.
Buon Natale,.
Tante care cose.

Signora Polvere di Stelle

La gente fissava il trucco sul suo viso
Rideva dei suoi lunghi capelli neri, della sua grazia ferina
Il ragazzo nei suoi jeans abbaglianti
Saltò sul palco
La signora Polvere di Stelle cantò canzoni
Di oscurità e vergogna

E stava benissimo, il gruppo suonava all’unisono
Sì, stava benissimo, la canzone non finiva più
Ed era tremendamente bello
Davvero straordinario
E cantò per tutta la notte

Femme fatale emergevano dall’ombra
Per osservare questa creatura da favola
Ragazzi salivano in piedi sulle sedie
Per avere una visuale migliore
Io sorrisi tristemente per un amore che non potevo seguire
La signora Polvere di Stelle cantò canzoni
D’oscurità e sgomento

E stava benissimo, il gruppo suonava all’unisono
Sì, stava benissimo, la canzone non finiva più
Ed era tremendamente bello
Quasi come il paradiso
E cantò per tutta la notte

Oh, come sospirai
Quando mi chiesero se conoscevo il suo nome

E stava benissimo, il gruppo suonava all’unisono
Sì, stava benissimo, la canzone non finiva più
Ed era tremendamente bello
Quasi come il paradiso
E cantò per tutta la notte

Dai, ora avvicinati

Lady Stardust

(David Bowie)

People stared at the makeup on his face
Laughed at his long black hair, his animal grace
The boy in the bright blue jeans
Jumped up on the stage
Lady stardust sang songs
Of darkness and disgrace

And he was alright, the band was altogether
Yes he was alright, the song went on forever
And he was awful nice
Really quite out of sight
And he sang all night long

Femme fatales emerged from shadows
To watch this creature fair
Boys stood upon their chairs
To make their point of view
I smiled sadly for a love I could not obey
Lady Stardust sang his songs
Of darkness and dismay

And he was alright, the band was altogether
Yes he was alright, the song went on forever
And he was awful nice
Really quite paradise
And he sang all night long

Oh, how I sighed
When they asked if I knew his name

And he was alright, the band was altogether
Yes he was alright, the song went on forever
And he was awful nice
Really quite paradise
And he sang all night long

Look, come closely now

Memories

Grazie a tutti i navigatori che hanno caricato i loro testi. Tra le poesie inviate, ne ho scelte due: la prima ha una grande forza, il linguaggio decisamente non banale, che avvolge il tema (la poesia, la scrittura) d’un chiaro mistero (addirittura sospetto si tratti di una poesia di un qualche grande autore che il lettore ha caricato sul sito per scherzo! Caro SerKum, se così fosse rivelaci la reale provenienza di questo testo!); l’altra, d’una poetica un po’ acerba, ha una piacevole freschezza descrittiva, e il luogo in cui l’autore è stato colto da ispirazione mi è caro in molti modi. A presto!

SerKum

E’ tardi per lasciarsi prendere da bramosie e languidi sospiri.
Le parole sono tutte troppo chiare,
gli arcaismi sepolti, le forme finite.
Stendo un ode al nuovo Poeta, che non ho mai visto…
Volete strade lastricate di vermi brulicanti?
Bruciate i capelli d’oro, i raggi di sole, le candide carni:
non avrete più fumi inebrianti, né eterei veli.
Si straccino i credi, lasciando i se fossi ai piccoli.
E se avremo infiniti orizzonti, impetuosi torrenti e terre remote?
si abbandoni la Poesia.
Se non sarò il Poeta, mi si ricordi perché sono il suo battista.

Maurizio Battello

Milano, 7 Aprile 2004, Parco Sempione, 13.25

Cielo manzoniano, nuvole cumuli si stagliano in un cielo di Provenza;
cespugli in fiore, alberi in silhouette, assieme alle merlate ghibelline.
Prati tosati verde primavera e foglie novelle di ippocastani e platani,
gemme sui rami di cedro e boccioli di rosa lungo il sentiero ghiaietto.

Impiegati in pausa pranzo seduti all’esterno dei rinnovati chioschi;
turisti Japan e venditori Islam alla Porta Barchio del Castello di Sforza.
Adolescenti amoreggianti su panchine di legno, ma in un altro pianeta;
nonni-papà a spasso con i bimbi-nipoti. In volo merli, passeri e storni.

La natura si rinnova, una mandarina duck nuota nel laghetto di mezzo;
oltrepasso il ponte delle quattro Sirene e mi sento la morte addosso.
incrocio la gatta Rosina ed un fastidioso e basculante piccione che ha
la zampetta monca di due dita, ma spaccato in quattro è il mio cuore!

Tutto attorno vita ed aria solare, mentre il mio spirito sta soffocando!
Ricerco affetto per le mie vene, ho dato finora amore a piene mani.
Chiodo fisso Rossana.
cazzo, ma lei non mi ama!

Pane di nuvola

Intervento di Donatella Bisutti alla presentazione della raccolta di poesie a Milano, 1993.

Non conoscevo Laura. L’ho conosciuta stasera, qui; e non la conoscevo, ovviamente, come poetessa, essendo questo il suo esordio, nè avevo mai letto niente di suo, prima. Devo dire che é stato un incontro felice, cosa che non succede tanto spesso. Penso che l’autrice abbia effettivamente delle qualità, anche se é molto giovane, e avrà bisogno di tempo per effettuare un suo percorso; ma già in questo primo libro, si sente la promessa di un cammino interessante. La cosa che più mi ha colpito, così, alla prima apertura di libro, diciamo… é il tono molto fresco, e contemporaneamente un certo gusto dell’ironia… un’ironia molto leggera, molto trattenuta, in punta di penna, che segnala un certo distacco dalle cose, come di una che non si fa travolgere troppo. Già il primo testo, che ha anche una forma grafica particolare, nel quale anche le frasi messe tra parentesi contribuiscono a dare un senso molto ironico al tutto (“Un usignolo…”).

Quindi: come primo impatto con questa poetessa abbiamo subito questa freschezza, questa levità; e questa sottile ironia… Un’altra caratterisca che mi ha colpita in queste pagine é il gusto della sensazione che l’autrice ha, della sensazione fisica sentita con molta forza. C’é in queste pagine abbondanza di vita… il che si può capire, alla sua età… ma comunque non tutti abbondano di vita, nemmeno alla sua età, e soprattutto non tutti hanno questa capacità di manifestarla. Quindi: lei coglie il mondo attraverso le sensazioni fisiche. Sono sensazioni violente, di grande immediatezza.

Addirittura il processo razionale é visto dall’autrice attraverso la sensazione:

Campane d’estate

L’estate scivola pigra/ tra falci enormi/ di luna vicina/ nelle sere d’aria e luce/ dopo i temporali/ Tra riflessi accecanti/ di sole sul cemento,/ suoni di campanili vicini/ nel fondo di traffico/ ticchettii di tastiere,/ neon sbiaditi del giorno, / doppi vetri chiusi e fili/ di fresco dal condizionatore./ Tra notti d’afa, il gatto /
che chiama, e yogurt/ e frutta in giardino,/ tra basilico e menta/ e attesa/ d’acqua che bolle e caffé/ che sale, tra foto e libri/ parole
dalla carta/ negli occhi.


Abbiamo notazioni molto quotidiane, molto realistiche, e nel finale queste “parole/ dalla carta/ negli occhi” diventano un percorso di sensazione, non é più una cosa puramente intellettuale. Addirittura lo si potrebbe definire un processo di fusione con la sensazione. Anche: “Indosso/ il blu della sera/ e il rosso/ cupo del pozzo/ fluida/ e trasparente/ scivolo/ olio profumato/ oltre la porta.” in cui la poetessa si immedesima a tal punto con la realtà esterna che le trasmette questa sensazione che, dice, la indossa, e questo fluiida e trasparente sta per la permeabilità nei confronti della realtà esterna.

Di quella abbondanza di vita di cui parlavo prima é un buon esempio:

“Galoppo/ cavalcatura mia/ ha il colore del vento/ e del velluto/ della notte d’estate/ caldo e luci/ punti di stella sul nero/ tessuto prezioso/ galoppa veloce/ maestosa e scura/ rubini di occhi/ e sbuffi attorno/ cavalco/ curva sul suo collo.”

Quest’idea del galoppo rende la pienezza di vita, di vitalità; una pienezza in cui l’autrice in parte si identifica, avendo contemporaneamente la consapevolezza del pericolo che c’é nell’abbandonarsi: si ha l’impressione che sia il cavallo a condurre il gioco, e che non sia il cavaliere a guidare il cavallo, ma il cavallo a trascinare il cavaliere!

La psicologia stessa dell’autrice viene espressa attraverso le sensazioni, la percesione che lei ha del proprio corpo. Per esempio: “Vecchie/ paure tornano/ alle spalle/ sparse che erano/ si radunano/ alla base del collo/ fauci serrate/ sulla nuca.”

Dal punto di vista dello stile, poi, la poesia di Laura D’Incà ha anche una notevole fermezza di scrittura, una scrittura che dà l’impressione di posarsi sulla carta con notevole determinazione. C’é già una misura, una scansione che ha un suo rigore, un’economia di parole; non ci sono sbavature, non c’é eccesso di aggettivazioni. Per esempio, la parte finale della poesia di pagina 12:

“Sole sarò/ e gocce di pioggia/ sarò vento/ e mani sottili/ sarò foglie/ e fili d’erba/ velluto/ profumo di bosco/ e di cielo/ e cielo sarò./ Camoscio, alce/ lepre, volpe/ lupa e orsa. Aquila./ Avrò ali grandi/ e artigli/ e becco/ e un/ nido enorme.”

é una poesia abbastanza prosciugata, che é una cosa un po’ insolita in una ragazza così giovane, perché in genere si tende a scrivere in eccesso, e non sempre si trova la capacità poi di ripulire il testo, di lavorarci su per portarlo a un suo rigore, lavoro che in poesia é sempre necessario. Così il senso di irruenza del “Galoppo” é dato anche da questo “nido enorme”, ma la violenza, alla fine, é contenuta.

Otto poesie per WSF

Correva l’anno 2015 quando, per intercessione della poetessa Emilia Barbato, mi fu dato il privilegio di apparire con otto poesie sulle pagine del “Words Social Forum”.

Le poesie erano state pubblicate in precedenza sulla rivista letteraria “Nuovi Confini” (N. 12 settembre 2001 e N. 10 marzo 2003) diretta da Paolo Lezziero per “La Vita Felice”.

La zucca
Passaggi a livello
Trasparenze
Balene all’orizzonte
Dalla terra sorgevo
L’ultimo giorno
La visione
L’albero

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