Conversazioni sul pianerottolo

(di Laura D’Incà)

Ripubblico una vecchia poesia che un amico mi ha chiesto di poter rileggere. Datata tra il 1995 e il 2007, non ricordo esattamente, ma ricordo dov’era il pianerottolo.

Così si sposa.
Lei aspetta un figlio. Ma si sarebbero sposati comunque.
Ah bello.
Sì molto.
Sono proprio una bella coppia.
Eh beati loro.
Eh già.
E lei?
Io? Figuriamoci!
Come? Niente fidanzato?
Una bella donna come lei.
Così simpatica.
Piena di interessi.
Di attività.
Di creatività.
Di bla bla bla.
Cosa vuole… meglio sola che male accompagnata.
Eh ma son sicuro che qualche corteggiatore…
Sì sì per carità. Non mi posso lamentare.
E allora, vede? É lei che non vuole!
Be’ non è che il primo che passi vada bene.
Ah ma è una romantica, si vuole anche innamorare!
Eh sì.
Eh già.
Si capisce, sa.
Sì, certo.
Buonasera allora.
Buonasera a lei.
Arrivederci.
Di nuovo.
Ma non le manca qualche cosa?
Eh qualche volta.
Qualche volta, quando l’aria è frizzante e la luna risplende.
Quando l’acqua bolle e mi sbaglio e butto gli spaghetti per due.
Quando mi muovo nel sonno e nessuno con la mano mi cerca.
Quando le coppie si baciano in Piazza della Scala
in Corso Garibaldi
e in tutte le vie della città.
Qualche volta, ecco,
davanti ai negozi di cravatte.
Ma che vuole, che ci posso fare
mi scuoto un istante,
penso che va bene così
sorrido ai passanti e vado via.
Capisco, eh sì.
Arrivederci.
Arrivederci.
tanti auguri eh!
Ah sì, anche a lei.
Buon Natale,.
Tante care cose.

La poesia sensoriale di Emilia Barbato

Uscito nel 2018 per Edizioni Pietre Vive, questo libello porta con grazia il suo titolo, manoscritto in copertina come estensione di una grafica essenziale:

<<il rigo tra i rami del sambuco>>

Già dal titolo dunque l’autrice ci offre l’esperienza sensoriale di un profumo peculiare, quello del sambuco, che porta con sé la brezza che ne muove le fronde, che quasi percepiamo sul viso, col tepore d’una giornata tersa. La promessa evocativa viene mantenuta, e il tema difficile del percorso attraverso la malattia, verso la guarigione, proposto con levità ed eleganza.

I brevi lampi dove solide crescevano
le attese e l'indocile presente, l'odore
della terra, tracciamo in silenzio una retta
comune degli spaventi,
progettiamo affinità, ma la bellezza si
fa piena se incompiuta
guarda come si smarriscono le nostre
figure allo specchio.

Ti scrivo in giorni di apparente luce
- penso di scriverti ma non lo faccio
il buio entra in forma di punteruoli
che aprono il silenzio - 
Con la maniera affannata dei pomeriggi
inseguo raggi, i favori del cielo,
il corpo di una sconosciuta che mi precede
e ondeggia sulla strada come un metronomo,
fuori tutto si direbbe procedere
con l'entusiasmo dell'estate
ma dentro sono ferma, stretta
da una nuova chiarezza,
mi chiedo quando questo sasso
che mi distacca abbia formato
una tale consistenza e quante
cose in questo modo io manchi.
giorni di apparente luce
Emilia Barbato, Il rigo tra i rami del sambuco, Edizioni Pietre Vive, 2018